MIM MIUR

Istituto Statale "Augusto Romagnoli" di Roma

di specializzazione per gli educatori dei minorati della vista

Non vedenti Roma
Laboratori didattici
Prestito sussidi

tratto da “I Diritti della scuola” maggio 2005

L’insegnante che per la prima volta si trova a condividere con un bambino disabile visivo un percorso didattico, inizialmente sembra, apparentemente, perdere le sue conoscenze e il suo bagaglio d’esperienze accumulato nel tempo. Saranno presentati alcuni degli obiettivi fondamentali, non solo, per una buona integrazione all’interno della scuola dell’infanzia del bambino disabile visivo, ma anche e soprattutto, per la formazione di competenze necessarie alla sua crescita personale.

In passato i bambini non vedenti e quelli ipovedenti erano educati allo stesso modo, imparando entrambi il sistema Braille.

Oggi invece è fondamentale conoscere, durante la fase iniziale, la diagnosi del bambino e quindi sapere se parliamo di un bambino ipovedente e del tipo di residuo visivo che possiede, oppure di un bambino non vedente. Successivamente si attuerà per lui una programmazione didattica coerente alle sue condizioni sensoriali, prevedendo tempi a volte più lunghi e meno stressanti.

I suoi sensi residui non si affinano in maniera automatica, ma attraverso l’educazione che dovrà essere costante e specifica. Occorre però evitare giochi che privilegino solo ed esclusivamente il linguaggio, rischiando così di sostenere una falsa comprensione non legata al concetto reale e quindi alla rappresentazione, ma ad una sua immagine mentale.

È necessario collaborare insieme alla famiglia per unire diverse esperienze, ponendosi come base gli stessi obiettivi. Il bambino con disabilità visiva ha infatti bisogno di sentire che la persona che interagisce con lui crede profondamente nelle sue capacità senso-percettive e motorie.

Nella scuola dell’infanzia è attraverso il gioco che il bambino con disabilità visiva, come i suoi compagni, svolge il suo percorso didattico, le sue conoscenze, ed è proprio attraverso il confronto fra i suoi coetanei e con l’adulto che sviluppa le sue personali capacità e competenze.

Gli esercizi gioco che l’insegnante proporrà al bambino saranno sempre anticipati verbalmente e guidati durante l’esecuzione (accompagnandolo e incoraggiandolo); si passerà prima da esperienze di tipo individuale con l’insegnante, poi con un piccolo gruppo ed infine all’intero gruppo classe. Per qualsiasi tipologia di attività occorre partire dall’esperienza concreta, reale, vicina al vissuto del bambino evitando così il verbalismo vuoto, lontano dalla realtà e quindi privo di significato.

Gli obiettivi che ritroviamo all’interno dei campi d’esperienza sono un aiuto determinante per il bambino disabile visivo e importanti per il bambino vedente; gli obiettivi sono, infatti, uguali e uguali i bisogni e le necessità, sia a livello cognitivo, che socio-affettivo, ma si differenziano i modi, i mezzi, gli strumenti e i tempi. In questo riconosciamo la programmazione specifica, utile per le necessità del singolo bambino.

Il bambino disabile visivo, imparando a leggere e a scrivere in Braille, necessita di strumenti e di alcuni prerequisiti indispensabili, che vanno acquisiti nell’ambito della scuola dell’infanzia. Essi sono abilità di base necessarie per l’accesso del bambino alla conoscenza, fondamentali per il suo processo di conoscenza e di normalizzazione.

I prerequisiti essenziali per accedere al Braille e quindi per poter codificare e decodificare la parola scritta, sono:
 

  • Schema corporeo
  • Concetti topologici
  • Lateralità
  • Sviluppo immaginativo motorio (orientamento, autonomia motoria).
  • Sviluppo senso-percettivo(ed. sensoriale, ed. della mano).

Schema corporeo: La conoscenza e la coscienza del proprio corpo si maturano attraverso le attività motorie, il bambino prima agisce, poi si forma un’immagine mentale e solo alla fine rappresenta attraverso i simboli.

Un’educazione motoria ben svolta promuove l’integrazione dello schema corporeo a tre livelli:
 

  • Immagine del corpo o corpo vissuto :
    sensazioni propriocettive e cinestetiche.
  • Concetto di corpo o corpo percepito :
    conoscenza che il bambino ha del proprio corpo e delle sue differenti parti.
  • Schema corporeo o corpo rappresentato :
    regola le parti del corpo e la relazione fra loro che muta in rapporto alle posizioni che il corpo assume.


Risulta pertanto indispensabile per procedere in questo primo percorso di conoscenza, lavorare con il bambino disabile visivo affinché raggiunga un adeguato livello di equilibrio motorio e di coordinazione nei movimenti, ma soprattutto che s’instauri, fra l’insegnante e il bambino, un rapporto affettivo e di fiducia, una figura per lui di riferimento, che lo aiuti a “fare da solo”.
 

Gli obiettivi specifici per l’attività motoria sono:

  • Saper ritrovare e denominare su di sé le parti del corpo e poi anche sull’altro.
  • Saper riprodurre atteggiamenti e posture e riconoscerle.
  • Saper disporre rispetto al pavimento e muoversi: strisciando, rotolando, gattonando.
  • Saper saltare.
  • Saper correre.
  • Saper fare la capriola.
  • Sapersi disporre rispetto agli altri in: riga, fila, cerchio.
  • Saper utilizzare gli attrezzi della palestra o del parco giochi.
  • Saper controllare il proprio corpo (stereotipie, dondolio).
     

L’insegnante deve sempre prima verbalizzare l’attività, poi accompagnerà materialmente il bambino, facendo con lui l’esperienza; gradualmente il suo sostegno diverrà solo verbale, fino a quando il bambino non diverrà completamente sicuro e autonomo.

 

Concetti Topologici: La reale acquisizione dei concetti topologici è estremamente importante e indispensabile per il bambino disabile visivo, per la sua organizzazione personale del corpo, dello spazio, degli oggetti e della loro locazione; insieme concorrono a formare il processo di conoscenza e di rappresentazione a livello mentale di tutto ciò che comprende l’ambiente vissuto dal bambino.

I concetti topologici che rispecchiano lo sviluppo del bambino nella scuola dell’infanzia sono:

  1. DENTRO-FUORI 4.ALTO-BASSO 7.ALTO-DX BASSO-DX
  2. SOPRA-SOTTO 5.DAVANTI-DIETRO 8.ANGOLI (alto a dx o a sx etc.)
  3. VICINO-LONTANO 6.ALTO-SX BASSO-SX


Le fasi d’acquisizione per permettono al bambino disabile visivo di interiorizzare in maniera corretta tutte le innumerevoli informazioni che gli provengono dall’esterno, a volte con estrema rapidità, le possiamo riassumere in questo modo:

Proporre inizialmente esperienze soggettive, corporee, concrete all’interno dell’ambiente scolastico meglio conosciuto dal bambino, sempre coordinate e supportate dall’insegnante.

Trasferimento dei concetti topologici al mondo degli oggetti, iniziando da quelli conosciuti dal bambino, che stimolino il suo interesse e la sua curiosità.

Utilizzazione dei concetti topologici acquisiti nell’ambiente per ritrovare i giochi presenti in classe, le proprie cose, per discriminare i diversi angoli che caratterizzano l’interno della classe e l’esterno, l’orientamento motorio e statico.

La reale e significativa comprensione di questi concetti topologici sarà la base di qualsiasi iniziale approccio alla conoscenza d’oggetti o ambienti nuovi, potendo percepire la relazione e il rapporto fra il bambino, l’oggetto e quindi la sua conoscenza, la sua discriminazione e la sua dislocazione nello spazio.

 

Lateralità: L’insegnante osserverà durante le attività e il gioco libero, la preferenza nel bambino disabile visivo ad utilizzare maggiormente la parte destra o quella sinistra; sarà questo un importante aiuto per verificare in un contesto diverso il reale utilizzo o la probabile confusione iniziale che accompagna ogni bambino nella reale comprensione di questa abilità.


Le fasi che accompagnano l’esecuzione d’attività gioco per l’acquisizione della lateralizzazione sono:

  • Riconoscere la destra e la sinistra sul proprio corpo (quello che si trova a destra e quello che si trova a sinistra).
  • Riconoscere la destra e la sinistra nello spazio ( a destra troviamo l’armadio a sinistra la cesta delle costruzioni).
  • Riconoscere la destra e la sinistra effettuando delle rotazioni 180°, 360°, 90°.
     

Individuata la parte dominante, si possono fare degli esercizi che utilizzano solo la destra o solo la sinistra, tutto quello che troviamo nella parte e viceversa; successivamente giocare toccando e denominando tutto quello che troviamo a destra o a sinistra; in un secondo tempo ci possiamo aiutare con i suoni. Per quanto riguarda la rotazione si parte da quella più semplice che è quella di 180°: è indispensabile che sia ben chiaro il punto di partenza “ all’inizio davanti c’era l’armadio dopo c’è il tavolo ”, “ cosa c’era a destra ?”, “ cosa c’era a sinistra ?”. La discriminazione deve comprendere anche la destra e la sinistra nello spazio vicino al bambino e a quello lontano; gradualmente possiamo anche utilizzare i riferimenti acustici, che si differenziano in modo chiaro (tamburo - campanello). Anche questa conoscenza e discriminazione diverrà per il bambino una ulteriore informazione per il suo personale processo di conoscenza e di mobilità autonoma.

 

Sviluppo Immaginativo – Motorio: L’orientamento costituisce per il non vedente la mediazione fra se stesso e la realtà; questa relazione con l’ambiente è resa possibile da esperienze senso-percettive e dall’immaginazione.

Orientamento dinamico: movimento all’interno dell’ambiente.

Orientamento statico: conoscenza delle proprie posizioni in un ambiente.

Si possono fare insieme al bambino molti esercizi-gioco per esplorare e discriminare l’ambiente interno, che si allarga e si completa sempre di più a tutto lo spazio interno ed esterno. Occorre trovare e mantenere stabili tutti i punti di riferimento, che potranno essere riproposti simbolicamente, per esempio all’interno di una scatola; se il bambino sbaglia non va corretto, vanno invece riviste le proposte concrete, sul casellario Romagnoli e sul cuscinetto.

L’insegnante proporrà giochi per memorizzare i tragitti essenziali e utili al bambino prima all’interno e poi all’esterno della classe, imparando ad orientarsi in modo consapevole utilizzando i concetti topologici e la lateralità, fino ad arrivare alla rappresentazione mentale dell’ambiente.

 

Sviluppo Senso – Percettivo: Quando si parla di sviluppo senso percettivo non s’intende solo quello sensoriale, ma l’insieme di tutti i dati sensoriali che la realtà ci fornisce e la nostra capacità di riutilizzarli.

Occorre educare e stimolare in maniera corretta i sensi residui, che non si sviluppano spontaneamente. Il tatto è il senso maggiormente utilizzato dal bambino disabile visivo per la conoscenza degli oggetti, prima di quelli grandi e poi piccoli; occorre però educare la mano: saper toccare, esplorare, conoscere, esprimere attraverso la mano. La conoscenza dell’oggetto all’inizio è globale, la mano si deve abituare al movimento, da quasi totalmente atona deve divenire ben tonificata e coordinata.
 

La mano del bambino conosce e riconosce attraverso diversi tipi di prensioni:

  • Prensione Palmare: gioco con i mattoni o con le costruzioni grandi.
  • Prensione Digitale: infilare perle di diversa grandezza, casellario Romagnoli.
  • Prensione A Pinza: gioco dei chiodini, cuscinetto e spilli.


La conoscenza degli oggetti può avvenire attraverso:

  • Attività per sviluppare l’ambito motorio della mano:
    staccare – attaccare aprire – chiudere slacciare – allacciare.
  • Coordinamento bimanuale:
    costruzioni di varia grandezza, casellario Romagnoli.
  • Attività finalizzate alla conoscenza e alla discriminazione delle diverse superfici:
    liscio – ruvido morbido – duro etc.
  • Conoscenza delle forme:
    solide: sfera, cubo, cilindro
    forme geometriche: blocchi logici.

 

Criteri e strategie metodologiche utili per qualsiasi tipo di attività specifica per il bambino disabile visivo:

L’attività deve essere proposta in forma ludica.

L’insegnante deve avere chiari gli obiettivi da raggiungere.

Mantenere e utilizzare stabili punti di riferimento anche di tipo acustico.

Utilizzare nelle indicazioni dell’insegnante i precisi riferimenti topologici.

Motivare il bambino all’esperienza.

L’insegnante deve utilizzare un linguaggio aderente alla realtà.

Verbalizzare prima- durante- e dopo l’attività.

Le esperienze vanno ripetute fino al loro reale consolidamento.

L’insegnante sollecita il bambino verbalmente, lo incoraggia e all’inizio lo aiuta materialmente, ma non si sostituisce a lui.

 

Laura Perpignani

ex docente specializzata in servizio presso l’Istituto Statale “A.Romagnoli” di specializzazione per gli educatori dei minorati della vista

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